Il Giuoco del Calcio

IL GIOCO DEL CALCIO

E’ certo che il primo “Pallone”, così come in tanti altri piccoli centri periferici, non poteva essere che di pezza arrotolata ben legata con corde e solo quando possibile con elastici ricavati da camere d’aria di macchine o più semplicemente di biciclette (così raccontano gli anziani).

Sicuramente scalzi perché pochi a quel tempo erano le persone che possedevano scarpe per uso normale, figuriamoci per giocare al pallone. In Curinga, in tempi antichi, era solito disputare partite di calcio tra squadre costituite da elementi giovani appartenenti a categorie diverse di lavoratori; così, i Fabbri, i Falegnami, i Barbieri, i Sarti ed altre categorie artigianali, avevano ognuno la propria squadra e si solevano sfidare fra di loro.

Tali squadre non erano però “equilibrate” dal punto di vista Tecnico e agonistico perché c’era sempre la squadra più forte, quella che soleva vincere quasi sempre ma, nonostante tutto le sfide si ripetevano sistematicamente. Da non dimenticare gli scontri calcistici tra le Congreghe che, diventavano vere e proprie battaglie. Per sfidare le squadre dei Paesi vicini era invece d’uso costituire la “Squadra del Paese” che però non sempre era fatta dagli elementi migliori perché il lavoro di campagna e l’aiuto in famiglia assorbiva e impegnava spesso gran parte della giornata, anche quella festiva. Non dimentichiamo infatti che, quasi tutte le famiglie di Curinga possedevano e possiedono l’appezzamento di terra più o meno vicino al paese che coltivavano in famiglia dando fondo a tutta la manodopera disponibile nella famiglia stessa.

L’Uliveto, la Vigna, il Grano, il Granoturco, le Barbabietole e l’Orto sotto casa costituivano gli impegni di lavoro quasi quotidiani e si capisce bene come, alla mietitura seguiva l’estirpazione delle Barbabietole, a questa la pulitura dell’Oliveto con relativa raccolta poi la vendemmia e così via dicendo. L’intero anno era quindi impegnato in lavori a volte massacranti e, nonostante tutto, i giovani, riuscivano lo stesso a trovare il tempo da dedicare ai loro incontri di Calcio magari dopo una intensa giornata di lavoro. Nomi ricorrenti in queste sfide, oltre ai pionieri Mario e Vincenzino Perugino sono: Perugino Giuseppe (fratello dei primi due Perugino) e capitano dei Boys, Piro Domenico, Curcio Giovanni (anche portiere), Pallaria Giuseppe, Cefalì Giuseppe, Pacileo Andrea, Gaudino G. Battista, Giuseppe Mazza e altri ancora.

L’entusiasmo e la passione era tanta che gli incontri di calcio diventavano spesso veri e propri scontri, ma la voglia e l’agonismo si erano ormai radicati nei giovani tanto che diventarono sistematiche le sfide tra le diverse squadre coinvolgendo quando possibile anche i Paesi vicini.

Nell’immediato dopoguerra, col rientro di tanti giovani militari dal fronte, liberi finalmente da problemi di guerra e di sopravvivenza, si cominciò a pensare seriamente al Pallone come momento di svago comune. Del resto, i campionati mondiali disputati in Italia nell’era Fascista del 1934 e dall’Italia vinti, e quelli del 1938, vinti ancora dall’Italia anche se disputati in Francia, fecero assumere a tale evento una importanza tale che l’eco invase ogni angolo del mondo e tra questi anche il piccolo paese di Curinga. Ad organizzare una vera e propria squadra di Calcio nel nostro Paese, contribuì anche il rientro dalle Americhe di Curinghesi lì emigrati che, sotto il segno della nuova libertà, con l’entusiasmo e l’esperienza (anche calcistica) lì acquisiti, diedero contributo a che si formasse tale squadra. Lo “Stadio” non era di certo dei migliori ma, dalle piccole dimensioni iniziali, ebbe negli anni successivi ampliamento e recinzione adeguati attraverso espropri terrieri, scambi di parti di terreno (col limitante lato nord Sig. Frijia Vito), sicuramente non privi di difficoltà e di accese dispute. Inizialmente recintato in tavole poi con filo di ferro ed infine, in epoca più recente con recinzione in muratura.

Fu infatti con l’Amministrazione Comunale del 1958, col Sindaco dell’epoca, Carlo Piro, Comunista, che si decise in Giunta Comunale la recinzione muraria dell’intero spazio. La passione, la voglia, la mania del Pallone era tanta che, nelle diffuse botteghe Artigianali del Comune di Curinga, dove i giovani svolgevano il proprio lavoro e dove gli stessi si incontravano per discutere dei problemi del mondo, decisero di organizzare (1946/47) una vera e propria squadra con la quale partecipare ai Campionati Regionali organizzati dai Comitati Sportivi Regionali e Provinciali dell’epoca. Si dice che in una di queste Botteghe, quella di “Mastro Vincenzino Lo Russo” sita ai piedi dell’attuale Salita Martiri, lo stesso Vincenzino Lo Russo, Don G. Battista Gaudino, il “Podestà'” del tempo Don Bernardo Bevilacqua, il Dott. Diego Zimatore Peppe Mazza, Mastro Argantonio, Don Sebastiano Serrao, Piro Domenico ed altri, decisero di formare la prima Società Calcio Curinga con la quale partecipare al Campionato Propaganda quell’anno in voga.

Il Primo Pallone di Cuoio

IL PRIMO PALLONE DI CUOIO

 Sull’arrivo in Curinga del Primo Pallone di Cuoio esistono diverse versioni ma, solo tre di queste sono le più’ attendibili anche se nessuna è verificabile se non attraverso quanto la memoria e i racconti degli “Anziani” tramandano.

  • Furono gli emigrati d’America che, tornando in Patria portarono con loro, assieme a tante altre cose il famoso Pallone di Cuoio.
  • Il primo Pallone di Cuoio fu portato in Curinga dal Sig. Perugino Vincenzo, da Lui comprato in Vibo Valentia posto in cui si trovava all’epoca per motivi di studio.
  • Furono Peppe Mazza e Don G. Battista Gaudino che, raccolti i fondi Sociali per organizzare la squadra, si recarono, con una delle poche macchine esistenti in Curinga, a Pizzo Calabro per comprare il primo “Pallone di Cuoio”.

Le ultime due versioni sono le più attendibili visto che, Perugino Vincenzo faceva parte della prima squadra Curinghese che sfidò la vicina Maida vincendola per 1-0, ma anche la seconda versione è attendibile in quanto la struttura societaria della prima squadra affiliata vede protagonisti sia Mazza Giuseppe come giocatore che Gaudino G. Battista come dirigente.

La prima Società fu infatti organizzata nel seguente modo:

Presidente Don G. Battista Gaudino coadiuvato da Mastro Vincenzino Lo Russo addetto anche alle attrezzature sportive (scarpe, maglie ed altro) il cui deposito era sempre la sua bottega e Piro Domenico; Mastro Argantonio con i suoi “discepoli” (Operai di Bottega) era addetto invece alla sistemazione del campo sportivo (sistemazione delle reti,bandierine e segnatura del campo stesso); massimo sostenitore Don Bernardo Bevilacqua grosso  proprietario terriero del comune nonché uno dei  primi proprietari di macchina in Curinga.

 
 COSE D’ALTRI TEMPI

(Una trasferta a Francavilla)

Cominciano a diventare tradizioni le sfide Calcistiche tra le Squadre dei Paesi vicini.
E’ impensabile infatti, per i tempi difficili, per la mancanza di mezzi e per la viabilità e le strade di comunicazione tra paesi che erano spesso semplici tracciati in terra battuta, programmare trasferte lunghe che andavano al di là di Girifalco da una parte e Filadelfia – Francavilla dall’altra.

Scontri tradizionali quindi tra le squadre di Nicastro, Jacurso, Girifalco, Maida, Filatelia, Francavilla cioè tutti quei paesi che distavano tra loro al massimo 20-25 chilometri e che spesso i giocatori dimezzavano affrontando a piedi scorciatoie che li costringevano a risalire e discendere vere e proprie montagne.

Le rivalità tra Paesi vicini, negli anni trenta, erano molto più accentuate che non ai nostri giorni.

Per contrapporsi bastavano poche cose che a volte erano futili altre invece più importanti e più seri.

 Rivalità per le Bande Musicali di cui ogni Paese era dotato, per le Festività Religiose e le Feste di Piazza, per il Numero di Abitanti il cui numero maggiore faceva diventare un Paese più importante di un altro e non per ultime le Squadre di Calcio attraverso le quali si potevano “sfidare” combattendo per la vittoria che rappresentava prestigio, grandezza, abilità ma soprattutto superiorità sull’avversario.

Capitava comunque che, qualche musicante del luogo si mescolasse, in determinate occasioni, con quelli di un altro Paese per Suonare assieme nella stessa Banda Musicale ed erano proprio queste le occasioni in cui, incontrandosi, si potevano lanciare le sfide Calcistiche.

  Erano gli anni trenta e Curinga, lancia la sua sfida alla squadra di Francofila Angitola per una partita che si doveva giocare in una domenica di Maggio in Francofila stessa. Il Capitano della “Squadra dei Boys” di Curinga, Perugino Giuseppe, comunica ai giocatori della sua squadra tale evento ma, dovendo affrontare a piedi la trasferta, risalendo la montagna di “Cozzale” per raggiungere poi Francofila, il genitore di uno dei giocatori dei Boys (Peppe Mazza), decide di impedire al figlio tale fatica legandolo, per l’occasione, al letto di casa.

 Giunte le ore 10 della domenica fatidica, la squadra si ritrova quasi al completo e parte per il paese di Francofila ignara di quanto stava accadendo al suo giocatore

Nonostante la meraviglia generale per l’assenza di Peppe Mazza, inizia la partita e tutto procede regolarmente senza che nessuna delle due squadre riuscisse a prevalere sull’altra.
Nel frattempo, il genitore di Peppe Mazza, essendosi fatta ormai ora tarda e pensando che il figlio avesse desistito dal parteciparvi alla partita in atto, slega il figlio e lo lascia libero. Non lo avesse mai fatto perché, Peppe Mazza, dando fondo alle sue energie e alla sua smisurata voglia di essere della partita, da vero maratoneta, raggiunge da solo, a piedi e in men che si dica il paese di Francofila proprio nel momento in cui finisce il primo tempo.

 Racconta il Capitano Giuseppe Perugino che, Pepe Mazza era tutto affranto e nero non solo di rabbia ma anche e soprattutto per la polvere che gli si era appiccicata addosso per l’enorme sudorazione avuta nell’affrontare tanta fatica. Nonostante tutto, ha preteso l’inserimento in squadra per poter disputare il secondo tempo e, con il suo valido apporto la squadra dei Boys è riuscita a far sua la partita.

Facile a raccontarsi ma, difficile a farsi; di certo è “Cosa d’altri Tempi”.

Prima Affiliazione

LA PRIMA AFFILIAZIONE DELL’ U.S. CURINGA

Era l’immediato dopoguerra e l’Italia intera era impegnata nella sua ricostruzione materiale perché le macerie erano diffuse dappertutto, anche da noi.

Si rendeva necessario avviare ogni attività civile e sociale in  modo da sollevare la popolazione dall’assoluta disperazione.

Era un costante rimboccarsi di maniche per cercare di guadagnare fiducia nella vita, entusiasmo nel lavoro ed uscire da quella situazione di morte che la guerra aveva disseminato dappertutto.

Il Calcio in tutto questo ha dato sicuramente il suo contributo ed in Curinga, ‘anno dopo la fondazione della prima” Lega Calcistica Calabra” del 23-9-1945, si decide il primo affiliamento della squadra Calcio al   “Campionato Propaganda” che consentiva, attraverso la sua vittoria, l’accesso al Campionato di Prima Divisione da poco istituito nella Regione Calabria.

Il primo Campionato Propaganda viene affrontato dal Curinga nell’anno 1946/47 e la vede vincitrice mentre nello stesso anno, la vicina “Vigor Nicastro” riesce a vincere il Campionato di Prima Divisione.

L’entusiasmo di tale vittoria raggiunge anche il nostro Paese che, avendo vinto il suo Campionato, decide l’anno successivo (Campionato 1947/48), l’iscrizione e la partecipazione alla Prima Divisione.

L’idea è stata messa in atto da giovani volenterosi nonché appassionati di calcio, coadiuvati e sostenuti in questo, da tutte le forze sane della comunità Curinghese.

Al Campionato Propaganda affrontato dalla Squadra di Curinga partecipano i seguenti giocatori del luogo: DeSando Tommaso; Perugino Giuseppe; Sgromo Vito; Calvieri G.Battista; Mazza Giuseppe; Perugino Giulio; Trovato Vito Giuseppe.

 La rosa dei giocatori veniva completata dai seguenti Nicastresi:

 Pileggi; Gatto; Malerba; e le riserve Canzonieri Nando; Farina; Mercuri; Lodeto, le cui apparizioni si limitavano solo alle partite amichevoli che il Curinga si trovava in quel periodo a sostenere.

Si racconta di pubblico caloroso e oltremodo numeroso perché forte e diffusa era la passione per il calcio non solo tra i giovani e gli anziani del tempo ma, anche e soprattutto tra i bambini e le donne madri di famiglia e non.

Le prime ragazze che andavano a vedere le partite erano delle studentesse che, passando dal “Passo” venivano apostrofate con epiteti dagli anziani.

Dopo pochi anni, diventò normale che al campo sportivo andassero parecchie donne a sostenere con passione la squadra del paese.