IL PRIMO PALLONE DI CUOIO
Sull’arrivo in Curinga del Primo Pallone di Cuoio esistono diverse versioni ma, solo tre di queste sono le più’ attendibili anche se nessuna è verificabile se non attraverso quanto la memoria e i racconti degli “Anziani” tramandano.
- Furono gli emigrati d’America che, tornando in Patria portarono con loro, assieme a tante altre cose il famoso Pallone di Cuoio.
- Il primo Pallone di Cuoio fu portato in Curinga dal Sig. Perugino Vincenzo, da Lui comprato in Vibo Valentia posto in cui si trovava all’epoca per motivi di studio.
- Furono Peppe Mazza e Don G. Battista Gaudino che, raccolti i fondi Sociali per organizzare la squadra, si recarono, con una delle poche macchine esistenti in Curinga, a Pizzo Calabro per comprare il primo “Pallone di Cuoio”.
Le ultime due versioni sono le più attendibili visto che, Perugino Vincenzo faceva parte della prima squadra Curinghese che sfidò la vicina Maida vincendola per 1-0, ma anche la seconda versione è attendibile in quanto la struttura societaria della prima squadra affiliata vede protagonisti sia Mazza Giuseppe come giocatore che Gaudino G. Battista come dirigente.
La prima Società fu infatti organizzata nel seguente modo:
Presidente Don G. Battista Gaudino coadiuvato da Mastro Vincenzino Lo Russo addetto anche alle attrezzature sportive (scarpe, maglie ed altro) il cui deposito era sempre la sua bottega e Piro Domenico; Mastro Argantonio con i suoi “discepoli” (Operai di Bottega) era addetto invece alla sistemazione del campo sportivo (sistemazione delle reti,bandierine e segnatura del campo stesso); massimo sostenitore Don Bernardo Bevilacqua grosso proprietario terriero del comune nonché uno dei primi proprietari di macchina in Curinga.
COSE D’ALTRI TEMPI
(Una trasferta a Francavilla)
Cominciano a diventare tradizioni le sfide Calcistiche tra le Squadre dei Paesi vicini.
E’ impensabile infatti, per i tempi difficili, per la mancanza di mezzi e per la viabilità e le strade di comunicazione tra paesi che erano spesso semplici tracciati in terra battuta, programmare trasferte lunghe che andavano al di là di Girifalco da una parte e Filadelfia – Francavilla dall’altra.
Scontri tradizionali quindi tra le squadre di Nicastro, Jacurso, Girifalco, Maida, Filatelia, Francavilla cioè tutti quei paesi che distavano tra loro al massimo 20-25 chilometri e che spesso i giocatori dimezzavano affrontando a piedi scorciatoie che li costringevano a risalire e discendere vere e proprie montagne.
Le rivalità tra Paesi vicini, negli anni trenta, erano molto più accentuate che non ai nostri giorni.
Per contrapporsi bastavano poche cose che a volte erano futili altre invece più importanti e più seri.
Rivalità per le Bande Musicali di cui ogni Paese era dotato, per le Festività Religiose e le Feste di Piazza, per il Numero di Abitanti il cui numero maggiore faceva diventare un Paese più importante di un altro e non per ultime le Squadre di Calcio attraverso le quali si potevano “sfidare” combattendo per la vittoria che rappresentava prestigio, grandezza, abilità ma soprattutto superiorità sull’avversario.
Capitava comunque che, qualche musicante del luogo si mescolasse, in determinate occasioni, con quelli di un altro Paese per Suonare assieme nella stessa Banda Musicale ed erano proprio queste le occasioni in cui, incontrandosi, si potevano lanciare le sfide Calcistiche.
Erano gli anni trenta e Curinga, lancia la sua sfida alla squadra di Francofila Angitola per una partita che si doveva giocare in una domenica di Maggio in Francofila stessa. Il Capitano della “Squadra dei Boys” di Curinga, Perugino Giuseppe, comunica ai giocatori della sua squadra tale evento ma, dovendo affrontare a piedi la trasferta, risalendo la montagna di “Cozzale” per raggiungere poi Francofila, il genitore di uno dei giocatori dei Boys (Peppe Mazza), decide di impedire al figlio tale fatica legandolo, per l’occasione, al letto di casa.
Giunte le ore 10 della domenica fatidica, la squadra si ritrova quasi al completo e parte per il paese di Francofila ignara di quanto stava accadendo al suo giocatore
Nonostante la meraviglia generale per l’assenza di Peppe Mazza, inizia la partita e tutto procede regolarmente senza che nessuna delle due squadre riuscisse a prevalere sull’altra.
Nel frattempo, il genitore di Peppe Mazza, essendosi fatta ormai ora tarda e pensando che il figlio avesse desistito dal parteciparvi alla partita in atto, slega il figlio e lo lascia libero. Non lo avesse mai fatto perché, Peppe Mazza, dando fondo alle sue energie e alla sua smisurata voglia di essere della partita, da vero maratoneta, raggiunge da solo, a piedi e in men che si dica il paese di Francofila proprio nel momento in cui finisce il primo tempo.
Racconta il Capitano Giuseppe Perugino che, Pepe Mazza era tutto affranto e nero non solo di rabbia ma anche e soprattutto per la polvere che gli si era appiccicata addosso per l’enorme sudorazione avuta nell’affrontare tanta fatica. Nonostante tutto, ha preteso l’inserimento in squadra per poter disputare il secondo tempo e, con il suo valido apporto la squadra dei Boys è riuscita a far sua la partita.
Facile a raccontarsi ma, difficile a farsi; di certo è “Cosa d’altri Tempi”.