Un passo verso la storia
Un passo verso la Storia di questo territorio
Tutte le storie che ti ho raccontato fino ad ora, hanno avuto tutte il loro o i loro protagonisti, descritti e rappresentati non solo per ciò che hanno fatto, ma anche per il ruolo sociale che questi hanno svolto nella comunità curinghese.
Nel contempo, ci sono state e ci sono delle storie che esaltano, per importanza, questo territorio e che adesso ti racconto, non con l’intento di assumere il ruolo di storico, ma piuttosto per farti conoscere fino in fondo ciò che ho appreso, documentandomi, sulle origini e sulla storia del mio paese.
Ho letto ad esempio, che in località Verdello, sono state rinvenute tracce di insediamenti umani risalenti addirittura al Neolitico (5000 anni a.C.), con un Focolare risalente proprio a questo periodo, che è stato riportato alla luce da ricercatori dell’Università di Firenze.
Ho letto anche che nel 1916 sono stati rinvenuti Stateri arcaici greci, noti come il “Tesoretto di Curinga”, conservati al Museo Nazionale di Reggio Calabria, segni evidenti di remota presenza di civiltà umana in questo territorio.
Importanti sono le “Terme Romane” risalenti al IV – V sec. d.C. con parti imponenti della struttura costruita con mattoni in argilla, ancora visibili e fruibili da parte dei turisti.
Ti sto raccontando questo per farti capire che Curinga ha assunto un posto importante nella storia e, per ribadirti questo concetto ti parlerò della importante presenza che hanno avuto i Monaci Basiliani, che hanno costruito un Monastero, cronologicamente databile verso la fine del IX secolo e del quale rimangono parti importanti della sua struttura.
Importanti su questo territorio sono anche le due torri di avvistamento che si trovano in località Torrazzo, con la prima torre denominata “Torrazzo”, la cui costruzione risale al lontano 1600, e con la seconda, denominata “Torre Vecchia”, ubicata anch’essa in località Torrazzo, e risalente al XVII sec.
I reperti storici del territorio non finiscono qua perché importante è il Palazzo Ducale, appartenuto alla Regina Sancia, sposa di Goffredo Borgia (1494).
Tale palazzo, fece parte del feudo di Maida e fu donato alla Regina Sancia da Re Roberto, ma successivamente divenne di proprietà dei Marzano ed ancora oltre degli Angiò (1330 circa)
Ci sarebbero anche altri reperti storici da raccontare e da riportare che sottolineano ulteriormente l’importanza storica di questo territorio, come ad esempio, le quattro colonne in granito appartenenti al Palazzo Ducale, ma che i Cefaly, grossi proprietari terrieri, hanno pensato, con l’intento di preservale, di trasportarle all’interno del cortile della loro villa in Acconia.
Così come importanti sono il Mulino in Lava Vulcanica, ubicato in prossimità del Palazzo Ducale ed i ruderi di una Chiesa Gotica che risalgono al XV – XVI sec.
Voglio concludere ricordando il “Platano gigante” il cui diametro misura ben venti metri. E’ il Gigante Buono e costituisce orgoglio della comunità curinghese, in quanto classificabile tra i primi posti dei giganti vegetali in Italia. Il più grande, infatti è il Castagno dei Cento Cavalli che si trova a Sant’Alfio in Sicilia e misura ben ventidue metri di diametro.
Curioso, ma vero, il territorio vanta anche la presenza di un altro
Albero Gigante, il Pioppo del Soccorso, con tronco cavo, la cui ombra sovrasta la chiesetta del Soccorso e la Fontana che si trova dal lato opposto della strada provinciale.
Le cose descritte non facevano parte del nostro percorso, ma non potevo esimermi dal non parlarne.
Ho preferito farlo a conclusione dei miei racconti, perché ci tenevo a che tu conoscessi per intero il territorio in cui ha vissuto tuo nonno e tuo padre.
Adesso che l’ho fatto, posso ritenermi soddisfatto perché così facendo, hai potuto conoscere meglio ed a fondo il mio Paese “Curinga”.
Epilogo
Ti ho fatto visitare il mio Paese girando per le sue vie principali evitando di addentrarci nei vicoli di minore fama ma non di minore importanza, perché in questi, tranne qualche altra attività di qualche tessitrice, poche altre attività venivano svolte.
Erano in ogni caso animati da uno stuolo di bambini e bambine dedite al gioco, e capitava di imbattersi in numerose galline che, tranquille, beccavano per questi vicoli.
Si animavano anche quando dalle campagne arrivavano gli asini che trasportavano, in determinati periodi, leccornie di cui ogni bambino era ghiotto.
I fichi, le ciliegie, le prugne, l’uva ecc. distribuiti ai bambini del vicinato li accumunava in una specie di merenda improvvisata che aiutava, anche, a rafforzare i rapporti di amicizia.
C’era solidarietà per ogni problema che riguardasse il vicino e c’era una specie di mutuo soccorso che consolidava i rapporti umani, sia nei casi in cui c’era da gioire che in quelli dove c’era da soffrire.
Soprattutto in quella della perdita di un caro che univa nella sofferenza tutte le famiglie del vicinato, non solo quelle parentali.
Un passo verso la Storia di questo territorio
Si usava e forse ancora resiste, l’usanza di preparare da mangiare (lu Cuonzu) per l’intera famiglia quando si veniva colpiti da un evento funesto.
Quando i familiari abitavano lontano dal luogo di domicilio, era l’amica vicina di casa a provvedere a tutto questo e ciò creava un inscindibile rapporto di amicizia.
Ricordo le lacrime delle mamme di famiglia, vicini di casa, quando uno dei loro cari aveva deciso di emigrare in America.
C’era da attraversare l’oceano e . . . chissà se il destino li avrebbe fatti rincontrare nel corso della loro vita.
La vicinanza era costante e s’intensificava sempre più, man mano che la data della partenza si avvicinava.
Il momento del distacco era poi straziante, soprattutto per chi non poteva recarsi alla stazione ferroviaria per accompagnare il proprio caro.Non solo fazzoletti che sventolavano ma bagni di lacrime alle quali era difficile porre fine.
A sollevare questa vita magra, c’era sempre il vicino che, domandava e s’informava sullo stato di salute di chi era partito. Certamente, rapporti umani d’altri tempi.
In questo nostro percorso, non so se ci hai fatto caso alla conformazione delle case che costituiscono questo paese: quasi tutte case a due piani e, un ingresso esterno che si sviluppa su scale con ballatoio.
“Lu Mignanu” costituiva la veranda di casa, il posto dove si potevano incontrare e ricevere i vicini di casa, con i quali si condivideva il tempo da trascorrere assieme parlando e raccontandosi, ma lavorando ai ferri o all’uncinetto, nei bei pomeriggi estivi o di tardo autunno, perché qui da noi, devi sapere che l’inverno, con le grandi piogge e il grande freddo, dura molto, ma molto poco.
Non era necessario portarsi da casa la sedia per mettersi comoda perché, i gradini, costituivano le sedie, ed erano tanto comodi.
Donne intente al loro lavoro ma, contemporaneamente vigili sui propri figli che, gioiosi, si divertivano negli spiazzi vicini, giocando a tutti quei giochi che, oggi, sono stati completamente dimenticati.
Anche i rumori erano particolari per ogni rione e per ogni vicolo: l’abbaiare dei cani, il raglio di un asino o semplicemente il nitrito di un cavallo, volevano significare l’arrivo del proprio marito e del proprio figlio dal duro lavoro giornaliero della campagna, ed in questi momenti si riuniva la famiglia attorno al focolare pronta a consumare il pasto e a raccontarsi le avventure della giornata.
In quelle famiglie in cui viveva una Nonna, era ancora più interessante passare le serate attorno al focolare dove si raccontavano storie vere e storie inventate ma, sempre accattivanti per il contenuto.
Erano queste “lezioni di vita” che contribuivano a far conoscere, senza mai averlo visto, il mondo esterno, mettendo in allerta i bambini contro i possibili pericoli ed ironizzando sui comportamenti di personaggi che esulavano dalla vera realtà sociale come Principi, Principini e Principesse.
‘Nc’era na vota . . . cominciava quasi sempre così il racconto della Nonna che era abile a nascondere l’Orco dietro l’uomo cattivo ed il Principe o Soldato liberatore per raccontare di un uomo buono ed onesto, che spesso nascondeva qualcosa di vero perché legavano i loro morti deceduti in guerra dietro questi apparenti inutili racconti.
Si veniva così a conoscenza di uomini e padri di famiglia che hanno perso la loro vita per l’amore della loro patria, ed in una mescolanza di vero e di fantasioso, si cominciava spesso a piangere senza un apparente motivo.
In fondo, pei i bambini, si trattava sempre di una favola.
Era la televisione del tempo usata per passare dignitosamente il proprio tempo ma anche per imparare, conoscere ed addormentarsi, quando era il momento di farlo senza capricci e senza opposizioni.
Altri tempi.
Dovuti Ringraziamenti.
A conclusione di questo lavoro, mi torna d’obbligo ringraziare un certo numero di persone che, durante la stesura mi hanno aiutato a rendere sempre più completi ed esaustivi i racconti di Zio Peter che, non sono inventati, ma affondano le radici nel reale della vita vissuta dai curinghesi negli anni ’40-’50 e poco oltre.
Ringrazio per primo Don Antonio Bonello, per il libro CURINGA – Recuperi di storia e di vita sociale – dal quale ho tratto l’ispirazione per raccontare anch’io la mia storia vissuta.
Ho poi da ringraziare una serie di persone che, durante la stesura, pubblicata sul sito web www.curingaonline.it, mi hanno corretto e raccontato particolari che, ho riportato con piacere a completamento dei contenuti delle varie storie raccontate da Zio Peter.
Ringrazio: il Prof. Martino Granata, per le sue precisazioni apportate su alcuni fatti e su alcuni eventi; il Sig. Domenico Grasso, per le storie riesumate con la sua acuta osservazione su determinati eventi che sembravano assopite e dimenticate definitivamente;
il Sig. Ciccino Mirenda, per avermi indirizzato sulla giusta sequenza di eventi riguardanti le Botteghe dei curinghesi.
Il Sig. Battistino Currado, per avermi chiarito un fatto di legge sui negozi multipli e a singola gestione;
Ringrazio mio fratello Giuseppe dal quale ho appreso alcuni eventi goliardici messi in atto dai ragazzi della sua generazione come le partite a carte sotto gli alberi di fico e la punizione che ha subito proprio lui in prima persona, nella escursione per vedere il giro d’Italia e che si è concluso con un sequestro di persona per una intera giornata.
Le signore Maria Diaco e Beatrice Mazza, per avermi più volte, chiarito discendenze parentali con nomi e cognomi di personaggi riportati nella storia;
Ringrazio infine i proprietari di alcune foto caratteristiche scaricate da Internet, non con lo scopo di impossessarmene ma piuttosto per arricchire visivamente le singole vicende;
Ringrazio mia moglie Elisabetta per avermi seguito passo passo e stimolato nel progetto, e i miei figli Francesco e Roberta, per essere stati i miei veri interlocutori, ai quali ho voluto far conoscere le mie e le loro origini in modo da sapere meglio verso dove indirizzare il loro futuro.
Prof. Ernesto Gaudino