DAI MOTI GIACOBINI ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Tratto da: CURINGA: Recuperi di storia e di vita sociale di Antonio Bonello
I Anno 1799
La Rivoluzione Francese ha scosso il mondo. Crollarono tante strutture vecchie. Mosse i popoli che, man mano, presi sottobraccio da alcuni volenterosi, dichiararono di essere capaci di autogoverno. Le piccole REPUBBLICHE si diffusero a macchia d’olio, ma per lo spazio di un mattino. La massoneria soffiava sul fuoco, i vescovi ed i predicatori denunciavano al popolo, perché ne tirasse le conseguenze, che « dalla calata (incursione Gallorum, inimici Crucis Cristi) fides radicitus e-versa, diffusi senza scrupolo gli scandali, è professato il materialismo e che le autorità imposte dai francesi avversano il matrimonio religioso » (Relazione N. 35. La Relazione N. 37 ritorna sull’argomento). La proclamazione della repubblica era accolta con favore ed esultanza da vasti strati della nobiltà antica e nuova, non così dal popolo, il quale trovava modo di abbattere l’ALBERO DELLA libertà per sostituirvi la CROCE.
Così a Nicastro, a Maida, a Cortale, a Filadelfia. Anche a Curinga, in un momento di euforia, date le più volte cennate misere condizioni delle masse popolari, avrà innalzato l’albero della libertà. Quanto è durata l’ubriacatura? Quanti, per letture più estese, sembrano più aggiornati asseriscono che l’ubriacatura giacobina è durata appena un giorno, dalla mattina alla sera. Neanche è stata segnalata nigro lapillo. Nella notevole corrispondenza intercorsa tra la Curia Vescovile di Nicastro e il Marchese di Fuscaldo avente per oggetto Curinga, 2480 abitanti e di pertinenza nello spirituale e temporale dei Buchi di Bagnara, e parroci Domenico Maggisano, Gaetano Senese e Domenico Pompò, neanche minimamente si accenna a comportamenti invisi alla Monarchia Borbonica NapoletanaDi «Politiche combulzioni (sic!), delle quali se ne sperimentano li perniciosi effetti che scuotono la pubblica autorità », si fa cenno in un esposto « humiliter porrecto S. R. M. » nel 1802 dai Notari Giuseppe Calvieri e Sebastiano Devito contro il sacerdote secolare Vincenzo Lo Scerbo. La fraseologia è in perfetta sintonia con tutta la letteratura antigiacobina.
Aggiungasi l’intenzione di un tantino d’incenso perché S.R.M. scagliasse i richiesti fulmini contro il Lo Scerbo. (Cfr. Documenti/fotocopie). Di certo, comunque, la storia registra che la poliforme massa confluita nell’armata realista (detta Armata Cristiana) del cardinale Ruffe — riordinata a Mileto — da Mileto proseguì per Monteleone e Pizzo, quindi i 4.000 uomini proseguirono per Curinga (6-7 marzo 1799). Il Ruffo fu accolto col suono festoso delle campane — come quasi ovunque — e dal popolo festante. Si cantò il Te Deum. L’armata aumentò di alcune unità spinti dalla fame o per regolare così alcuni conti sospesi con la giustizia. Luogotenente nella diocesi di Nicastro per la zona fu nominato il dottore nell’una e nell’altra legge (J.U.D.) don Giovanni Sorrentino con sede in S. Pietro a Maida.Da Curinga proseguì per Maida, Borgia, Catanzaro.
Guerra Mondiale 1915-1918
II 28 giugno 1914, a Serajevo, la pistolettata di Gravilo Prinzip, freddava l’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando ed erede dell’Imperatore. La sua eco raggelò l’Europa. Il 23 luglio fu la guerra: la paventata rissa generale era ormai scoppiata. Si mobilitarono gli eserciti e su sollecitazione dei Pastori di anime, si mobilitarono gli oranti e le forze della carità. Pio X non ha resistito: moriva a meno di un mese dalla «funestissima guerra… alle, cui conseguenze — diceva — nessuno può pensare senza sentirsi opprimere dal dolore». Benedetto XV si premurava di ordinare all’arcivescovo di Colonia: «Soccorri i feriti senza distinzione di religione e di Patria».
In Italia nonostante i disordini provocati dalle fazioni politiche, e, forse, anche per questo, e il terremoto di Avezzano ed i conseguenti grossi problemi, la fazione degli interventisti spingeva il governo a rompere con la Triplice e di passare con le armi a fianco dell’Intesa, previa promessa di ottenere il Trentino, il Tirolo meridionale, Trieste e la Dalmazìa. Io, nascendo (1916), mi trovai da questa parte: mio padre volle che col nome di famiglia mi portassi, almeno negli atti ufficiali di rilievo, i nomi di Trieste Trento. ( II 24 maggio 1915… l’esercito marciava.
Era costituito dalle classi 1876, 77, 78, 79, 80, 81 e dai soldati di leva della classe 82.
I maggiorenni di Curinga erano interventisti. L’Amministrazione attuava le piccole cose ordinarie e spingeva lo sguardo anche al futuro. Le cose ordinarie: acquisto petrolio per l’illuminazione pubblica, manutenzione stradale, sistemazione fontanine di Notar Cola e Tre Canali, acquisto clarini e piatti per il corpo musicale, casse da morto per i poveri, nuove cripte al cimitero (cfr. Delibere).
Le cose straordinarie: carrozza per il servizio postale, pratica per l’acquedotto, mutuo per il costruendo edificio scolastico (lire 132.404). Il lavoro di segreteria aumenta1 e alla vigilia dell’entrata in guerra (22 maggio) il Consiglio Comunale delibera di chiedere un vice segretario.
Dal 24 maggio in poi, all’amministrazione si aggiungono altre gatte da pelare. Primo in ordine di tempo: il medico Pietropaolo Francesco è chiamato per il servizio militare; ne resta uno solo, insufficiente per un comune di cinque mila abitanti; ed anche il secondo potrebbe essere chiamato. Il 28 maggio 1915, con decorrenza 1.6.1915 e per due mesi, viene affidata la supplenza al medico condotto di S. Pietro a Maida dott. Antonio Catalano e per il secondo dott. Antonio Ferraro, medico condotto paesano, si chiede l’esenzione dal servizio militare. La proposta è fatta dal Consigliere Giuseppe Cirianni e accolta dai 13 presenti. Tra gli assenti i consiglieri chiamati per il servizio militare.
Altri problemi ordinari nel periodo straordinario: approvvigionamento di grano, panificazione e distribuzione; sussidi alle famiglie dei richiamati; lievitazione dei prezzi; approntare locali e pagliericci per i possibili profughi; personale per alcuni di questi servizi (confronta Delibere dei Consigli Comunali periodo 1915-18 presso l’archivio comunale). Per la ripartizione dei generi alimentari, «ha fatto quanto di meglio si poteva, con grande disinteresse e commendevole spirito di patriottismo per accontentare le esigenze del pubblico, il maresciallo a riposo Giuseppe Tagliati».
Per i materassi lo specialista in questo genere (veniva chiamato «u matarazzaru») Vono Giuseppe fu Giuseppe. Ricompensa per manifatture e filo lire 8,65. Al Tagliati lire 60, oltre lire 15,45 per spese trasporto, sacchi ecc.
Alle famiglie dei militari era stato demandato il compito e il privilegio dalle Autorità militari stesse di confezionare, dietro ricompensa e fornitura della materia prima, indumenti di lana per i soldati.
Ecco le mercedi corrisposte: sciarpe da lire 1,40 a L. 1,70 ciascuna; calze al paio da 0,50 a 0,70; manichini da 0,40 a 0,80 al paio; ventriere da 1,20 a 1,50; ginocchiere al paio da 0,60 a 0,80; guanti al paio 0,70 a 0,90. (Cfr. F.U. p. 147, sett. 1915). Mons. Giovanni Regine, sollecitato a ciò dalle Autorità predette, ha caldeggiato l’attuazione in tutte le parrocchie della sua Diocesi di Nicastro. Venne attuata in Curinga per l’interessamento combinato dell’amministrazione comunale e dall’arciprete curato don Vincenzo Caruso
Caduti il 27 agosto 1860.
Su una seconda lapide vi sono incisi i nomi dei caduti il 27 agosto 1860.
La terza lapide « Ai Due strenui Siciliani caduti anch’essi nel combattimento del 27-6-1848 dei quali fino i nomi ci ha nascosto avversa sorte in attestato di ammirazione e grato animo I Fratelli Calabresi 1873».
Gli atti n. 52, 53, 55 dei defunti dell’anno 1848 nella Parrocchia di Curinga si riferiscono a questa battaglia ed hanno riscontro parziale — a mio parere — ai nominativi della stele marmorea.
Il nominativo della stele GIUSEPPE DE FAZIO è, a mio parere, errato dovendosi leggere DE FEZZA GIUSEPPE, come all’atto n. 53 che per scrupolo trascrivo e inserisco in fotocopia : « Anno Domini 1848 die vero 27 iunii Curingae Joseph DEFEZZA vir… filius Thomae et Conceptae Fruci aetatis suae ann. 40 caruit omnibus Sacramentis quia occisus a Reggia Truppa in loco dicto Malia, animam Deo Reddidit, cuius corpus ab oeconomo curato d. Petro Bianca benedictum sepultum fuit in Ecclesia S. Mariae Gratiarum. Et in fidem. Vincentius Sgromo archipr. Curatus ».
Se poi è stato ucciso anche un De Fazio Giuseppe questi dovrebbe essere uno dei fratelli di Grazio De Fazio, Sambiasino o Nìcastrese (cfr. Cianfkme, Da Murat a Stocco, p. 21). Se è così i nominativi della stele sono incompleti e dovrebbero completarsi col nominativo Defezza « vir »… Concetta Piraino dal 23.11.1842.
D’accordo sul nominativo di Andrea De Summa, Curinghese come il precedente, ucciso in località Ciceri e seppellito alle Grazie (atto n. 52). L’atto n. 55 si riferisce a d. Giuseppe Mazzei che intervenne alla battaglia dell’Angitola con un reparto di Cosentini.
Fu ucciso dai Regi in località Scammaci. Vien detto di S. Stefano, e marito di donna (dalla graficorretta lo Sgromo è incerto sulle precise generalità della moglie del Mazzei. E’ vero che il Mazzei è di S. Stefano. Siamo d’accordo con tutti gli storici con una doverosa precisazione. Don Giuseppe Mazzei e d. Vincenza Vecchi (Vesci) da Nicastro contrassero matrimonio 2 in Curinga, precisamente « domi » (in casa) per dispensa rev. mae Curiae Episc. Neocastrensis il 20 ottobre 1832. Presenti al matrimonio come testimoni don Saverio Rondinelli e don Francescantonio Bevilacqua e il parroco Ottavio Senese. Presentazione degli sposi: virgines (celibi) « Dominus Joseph Mazzei incola Terrae S. Stephani in Provincia Calabriae Superioris etc. ». Muscimarro è di Montesoro. Sconosciuti i due siciliani. Memorande le gesta del siciliano più giovane, un ragazzo di appena 16 anni. Un soldato con un colpo di sciabola gli tagliò la testa. L’ostessa della taverna Bevilacqua, invece, fu squartata perché aveva osato opporre resistenza. Ma le donne umili non hanno gli onori dei monumenti.
Chi volesse ulteriormente documentarsi è invitato a leggersi le circolari e i bollettini del Comando Generale di Salute Pubblica della Calabria Ultra seconda e del Comitato Centrale. Alcuni bollettini (il n. 5 per esempio) sono datati Curinga, 12-13 giugno 1848, alle ore 5 dì notte.
I caduti della parte opposta (cfr. O. DITO, La Rivoluzione Calabrese del 48 « furono tutti raccolti e fatti seppellire in una chiesa campestre dal Pievano di Maida che ne solennizzò i funerali ». Esclusa la Chiesa delle Grazie dove furono seppelliti i Nazionali, la chiesa cui si riferisce il Dito dovrebbe identificarsi nella cappella dedicata a S. Liberata ubicata, l’unica, tra gli ulivi di Campolungo, dove io celebrai una delle mie prime messe (21 sett. 1942).